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I fattori di rischio dell’Ictus

Quali sono i fattori che possono aumentare il rischio di incorrere in un ictus? Quali sono quelli modificabili e quali quelli non modificabili? Di seguito sono riportati una serie di fattori di rischio e di malattie in grado di determinare un aumento del rischio di avere un ictus cerebrale nella popolazione generale. Tali condizioni possono spiegare la maggior parte dei casi di ictus cerebrale.

I fattori di rischio modificabili

Ci sono fattori che possono aumentare il rischio di incorrere in un ictus. Tali fattori includono: ipertensione, diabete, sovrappeso (obesità), ipercolesterolemia, sedentarietà, fumo e abuso di alcol. Tali fattori vengono definiti “modificabili” in quanto possono essere corretti attraverso delle modificazioni dello stile di vita, oppure attraverso una terapia farmacologica appropriata.

L’ipertensione

L’ipertensione è una condizione cronica, caratterizzata da un aumento stabile della pressione del sangue nelle arterie.

Un certo livello di pressione arteriosa è necessario affinché il sangue possa scorrere in tutto il sistema circolatorio, assicurando il necessario nutrimento ai tessuti dell’organismo. Il cuore batte in modo regolare ed in tal modo pompa il sangue all’interno delle arterie: la forza esercitata dal flusso sanguigno contro le pareti dei vasi è la pressione arteriosa.

Il momento in cui la pressione è più alta corrisponde alla fase di contrazione (detta “sistole”) del cuore, ed è definita “pressione massima (o sistolica)”. Il momento in cui la pressione è più bassa corrisponde alla fase di rilassamento del cuore, ed è definita come “pressione minima (o diastolica)”.

La pressione con cui il sangue scorre nelle arterie aumenta se le pareti di questi vasi si induriscono e perdono la loro elasticità, si restringono di diametro o si ostruiscono. In questi casi il cuore deve pompare più forte per opporsi all’aumento delle resistenze che ostacolano il flusso sanguigno e per fare in modo che il sangue irrori tutti i tessuti dell’organismo evitando fenomeni di “ischemia”, vale a dire situazioni in cui non arriva abbastanza ossigeno ai tessuti per un deficit nell’apporto sanguigno.

Secondo la Società Europea di Cardiologia (ESH), la Società Europea di Cardiologia (ESC), e la Società Internazionale dell’Ipertensione (ISH), che fa parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), i valori di riferimento considerati normali per la pressione massima e minima sono stati fissati pari a 140/90 mmHg. Tali valori di normalità sono stati adottati anche dalla Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa (SIIA).

L’ipertensione è un “nemico silenzioso”, perché fino a quando non produce danni evidenti agli organi, non ci sono sintomi che ne segnalino la presenza. Oggi, infatti, molte persone sono affette da ipertensione e non sanno di esserlo. Essere ipertesi vuol dire avere valori di pressione costantemente al di sopra della norma, anche quando si è distesi e tranquilli. È importante, dunque, controllare regolarmente la pressione arteriosa, anche perché se adeguatamente trattata, essa smette di rappresentare un pericolo per la nostra salute. In ogni caso è indispensabile sempre rivolgersi al medico, il quale proporrà al paziente la terapia farmacologica più sicura e più adatta al singolo caso.

Il diabete

Il diabete è una malattia in cui i livelli di glucosio nel sangue sono costantemente sopra i valori normali (126 mg/dl). In Italia il 9% degli uomini e il 6% delle donne sono diabetici, mentre il 9% degli uomini e il 5% delle donne sono in una condizione di rischio, con valori della glicemia compresi tra 110 e 125 mg/dl.

Nel tempo, il diabete porta ad alterazioni delle pareti dei vasi sanguigni, sia delle arterie più grandi che dei capillari, con conseguente aumento del rischio di ictus.

Nel diabete di tipo 2, quello più frequente che si manifesta in età adulta e spesso dipende dall’eccesso di peso, la dieta è la migliore arma preventiva. Un’alimentazione equilibrata e non troppo ricca di zuccheri, insieme al controllo del peso corporeo e della glicemia (basta un semplice esame del sangue) consente di tenere lontano il pericolo.

Il sovrappeso

L’eccesso di peso aumenta il rischio combinato di colesterolo alto e diabete. Facilmente infatti, chi tende a salire di peso ha anche una dieta molto ricca ed è quindi più a rischio di presentare valori elevati di colesterolo e glicemia. Avere il colesterolo totale nel sangue che supera i 240 mg/dl o il colesterolo buono HDL inferiore a 35 mg/dl aumenta il rischio di ictus. In Italia il 21 % degli uomini e il 25 % delle donne ha il valore della colesterolemia totale uguale o superiore a 240 mg/dl.

Il 36% degli uomini e il 33% delle donne è in una condizione di rischio con colesterolemia compresa fra 200 e 239 mg/dl. Per tenere sotto controllo la situazione occorre limitare l’introito di calorie, riducendo soprattutto i piatti più elaborati. Una dieta eccessivamente ricca di grassi di origine animale (derivati del latte, carni grasse salumi…) è collegata a un aumento di colesterolo nel sangue, in particolare di quello “cattivo” (colesterolo LDL), che tende a rimanere nei vasi e quindi a facilitare placche aterosclerotiche lungo le arterie.

La sedentarietà

La sedentarietà è in primo luogo collegata all’aumento di peso e quindi alla possibilità di comparsa di obesità e diabete. Favorisce l’insorgenza dell’ipertensione e inoltre aumenta il colesterolo “cattivo” (legato alle lipoproteine, LDL). In Italia il 34% degli uomini e il 46% delle donne non svolge alcuna attività fisica durante il tempo libero.

Il fumo

Il fumo è un temibilissimo nemico dei vasi sanguigni. Ogni volta che si aspira una sigaretta la nicotina viene assorbita dai polmoni, per poi passare nel sangue circolante e fino al cervello. Con conseguenze diverse, ma tutte negative: aumenta l’aggregazione piastrinica – cioè la tendenza delle piastrine ad attaccarsi tra loro e formare coaguli nelle arterie – aumenta la pressione arteriosa. Un ulteriore effetto negativo è quello sull’attività dell’endotelio dei vasi arteriosi, di cui il fumo impedisce il normale funzionamento: ciò porta all’aterosclerosi, che è strettamente correlata all’ictus. Nella popolazione italiana l’abitudine al fumo di sigaretta riguarda in media il 30% degli uomini e il 21% delle donne.

La Fibrillazione Atriale

La Fibrillazione Atriale è una aritmia cartterizzata da un alterazione del normale battito cardiaco. Se non diagnosticata, quindi senza la protezione offerta da una adeguata terapia anticoagulante orale, essa rappresenta un importante fattore di rischio per ictus.

Si tratta dell’anomalia del ritmo cardiaco più comune nella popolazione adulta ed in Italia colpisce circa 1.000.000 di persone, con 120.000 nuovi casi ogni anno. I dati si riferiscono solo ai casi accertati, ma quelli totali sono in realtà ben più numerosi perché molte persone che ne soffrono non presentano disturbi e ignorano di avere questo problema.

La fibrillazione atriale asintomatica è particolarmente pericolosa perché la persona che ne soffre non è consapevole della sua presenza, e pertanto non viene sottoposta alle terapie del caso, con il conseguente notevole aumento del rischio di ictus. Generare il sospetto di fibrillazione atriale con lo screening – eseguendo la palpazione al polso o misurando la PA con apparecchi validati per questo utilizzo – è pertanto un importante mezzo di prevenzione, ma deve essere seguito dal controllo del medico che effettuerà gli accertamenti necessari per giungere alla diagnosi di fibrillazione atriale.

Il rischio di fibrillazione atriale cresce con l’età: 1 persona su 4, oltre i 40 anni, presenta elementi di rischio per la sua comparsa. La fibrillazione atriale e le conseguenze ad essa correlate possono essere curate o tenute sotto controllo soprattutto se diagnosticate in tempo.

I fattori di rischio non modificabili

Età, sesso e predisposizione familiare

L’età è il maggiore fattore di rischio non modificabile per l’ictus. L’incidenza dell’evento cerebrovascolare aumenta con l’età e a partire dai 55 anni raddoppia per ogni decade. La maggior parte degli ictus si verifica dopo i 65 anni. Inoltre appartenere al sesso maschile e la predisposizione familiare sono ulteriori fattori di rischio non modificabili per il verificarsi di ictus.