Le forme di ipertensione arteriosa in cui è possibile dimostrare una causa precisa, cioè organica, legata a specifiche malattie di un organo, sono definite “secondarie”. In molti casi la causa di ipertensione è una malattia del rene, conseguente a precedenti nefriti, pielonefriti o infezioni delle vie urinarie particolarmente frequenti.
Talora sono in gioco malattie dell’apparato endocrino, in particolare affezioni delle ghiandole surrenali che possono dar luogo alla sindrome di Cushing, all’iperaldosteronismo o al feocromocitoma. In altri casi ancora la causa dell’ipertensione è ascrivibile a restringimenti localizzati delle arterie (coartazione aortica, stenosi dell’arteria renale).
Comunque, solo in un paziente iperteso su venti (circa il 5%) è possibile individuare una causa specifica dell’ipertensione: nella grande maggioranza dei casi, invece, gli accertamenti diagnostici utilizzati più comunemente non evidenziano alcuna malattia che possa essere considerata responsabile dell’ipertensione. In questi pazienti, il rialzo pressorio è verosimilmente provocato dal funzionamento difettoso dei meccanismi che hanno il compito di mantenere in equilibrio i valori pressori. In questi casi, l’ipertensione arteriosa viene definita “essenziale” o “primaria” o “idiopatica”, tutti termini che cercano di rendere meno evidente la incapacità di definire con esattezza i meccanismi che hanno causato l’aumento pressorio.