A cura di Giulia Rivasi, Centro di Riferimento Regionale per l’Ipertensione Arteriosa nell’Anziano, Syncope Unit, SOD Geriatria –Terapia Intensiva Geriatrica (UTIG), AOU Careggi e Università degli Studi di Firenze
Ipertensione e sincope sono due entità cliniche tra loro strettamente correlate, entrambe potenzialmente associate ad un impatto sfavorevole sulla prognosi del paziente. Infatti, anche se spesso riconosce un’origine benigna, la sincope si associa ad un aumentato rischio di eventi avversi quali cadute, traumi cranici e fratture. Inoltre, la sincope – soprattutto se ricorrente – influenza negativamente il benessere e la qualità di vita del paziente, causando ansia, depressione e limitazioni nelle attività ricreative e lavorative. Le conseguenze sfavorevoli della sincope sono più rilevanti nei soggetti anziani, nei quali le complicanze del trauma conducono spesso a ospedalizzazione, paura di cadere, perdita dell’autonomia nelle attività della vita quotidiana e istituzionalizzazione.
È noto che il trattamento anti-ipertensivo – soprattutto se intensivo – si associa ad un maggior rischio di ipotensione e sincope, per cui non è raro che ipertensione ed episodi sincopali coesistano nello stesso paziente, costringendo il medico alla ricerca di un difficile equilibrio tra la protezione dagli eventi cardiovascolari e la prevenzione delle recidive sincopali.
La stretta relazione tra ipertensione e sincope e la gestione del rischio cardiovascolare e ipotensivo sono stati argomento di discussione durante il 10° Convegno Nazionale del Gruppo Italiano Multidisciplinare per lo Studio della Sincope (GIMSI), tenutosi a Napoli lo scorso 23-24 luglio in collaborazione con la Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa. Durante il congresso sono state presentate le principali novità relative all’inquadramento diagnostico e terapeutico della sincope non cardiaca, con ampio spazio dedicato proprio alla gestione del paziente iperteso.
Il “fenotipo ipotensivo”
La sincope non cardiaca riconosce due meccanismi principali, corrispondenti ad altrettanti “fenotipi” di sincope: il fenotipo ipotensivo, in cui il meccanismo prevalente è rappresentato dalla riduzione dei valori pressori, e il fenotipo bradicardico, in cui prevale invece la riduzione della frequenza cardiaca, in alcuni casi fino all’asistolia. (1) In molti pazienti, la sincope è il risultato di una combinazione dei due meccanismi, che contribuiscono in grado variabile all’evento sincopale, determinando così la necessità di un trattamento volto a contrastare sia l’ipotensione sia la bradicardia.
La sincope con fenotipo ipotensivo si verifica tipicamente in pazienti con ipotensione costituzionale (ovvero con valori pressori costituzionalmente bassi) o nei pazienti ipertesi che presentano un eccessivo controllo farmacologico della pressione arteriosa, ovvero valori pressori inferiori rispetto al target di trattamento. Inoltre, il fenotipo ipotensivo è probabile nei pazienti che presentano episodi ipotensivi al monitoraggio pressorio 24h o una risposta positiva di tipo ipotensivo al Tilt Test.(1)
Ne deriva che il monitoraggio pressorio 24h svolge un ruolo centrale nella diagnosi di sincope e ipotensione, come sottolineato anche dalle linee guida Europee.(2) Infatti, il monitoraggio pressorio 24h è oramai riconosciuto come un accurato strumento diagnostico nell’inquadramento del paziente con sospetta disautonomia cardiovascolare, nel quale è utile al fine di indagare la presenza di ipotensione ortostatica, da sforzo e post-prandiale. Inoltre, il monitoraggio pressorio 24h consente di individuare la presenza di episodi ipotensivi – sintomatici e non – e/o valori pressori inferiori al target di trattamento, fornendo quindi un valido aiuto nell’identificazione dei pazienti con fenotipo ipotensivo. Nonostante l’enorme potenziale diagnostico del monitoraggio pressorio 24h nel paziente con sincope, sono pochi gli studi che ne hanno valutato l’impiego in questo contesto, in particolare nella sincope riflessa. Mancano quindi criteri diagnostici definiti e condivisi che possano guidare il clinico nell’utilizzo del monitoraggio ai fini dell’identificazione del fenotipo ipotensivo.
Dati recenti suggeriscono che i pazienti con fenotipo ipotensivo presentano un particolare profilo emodinamico, caratterizzato da valori di pressione sistolica più bassi rispetto alla popolazione generale e valori di pressione diastolica e frequenza cardiaca più elevati. (3) Queste caratteristiche emodinamiche suggeriscono che i pazienti con fenotipo ipotensivo presentano un ridotto ritorno venoso e una minore gittata sistolica, che inducono un aumento compensatorio della frequenza cardiaca e delle resistenze vascolari. Pertanto, negli individui con fenotipo ipotensivo, l’omeostasi cardiovascolare e la perfusione d’organo sono mantenute a spese dell’attivazione cronica di meccanismi compensatori. Questi soggetti potrebbero quindi essere più inclini a sviluppare ipotensione e sincope in presenza di condizioni quali lo stress ortostatico, che superano le capacità omeostatiche dei meccanismi di compenso.
Sulla base di quanto detto finora, è chiaro che il fenotipo ipotensivo può essere esacerbato dalla terapia anti-ipertensiva, soprattutto in caso di trattamento intensivo dei valori pressori. Pertanto, la gestione del paziente iperteso con sincope richiede strategie di trattamento personalizzate, basate su un accurato inquadramento del meccanismo degli episodi sincopali e del profilo di rischio individuale, ipotensivo e cardiovascolare.
Infatti, una volta identificato il fenotipo ipotensivo, per ogni paziente è necessario definire e confrontare il livello di rischio cardiovascolare e di sincope, al fine di stabilire quale rischio è prevalente e dovrà guidare l’approccio al trattamento. Sulla base del profilo di rischio individuale deve essere quindi definito un target pressorio personalizzato, corrispondente al minimo rischio cumulativo cardiovascolare/ipotensivo.(4)
Nel paziente adulto, il minimo rischio cardiovascolare/ipotensivo – e quindi il target della terapia anti-ipertensiva – si colloca generalmente a valori di pressione sistolica di 120 mmHg. Valori più bassi dovrebbero quindi essere evitati, essendo associati ad un aumento significativo sia del rischio sia di sincope sia di eventi cardiovascolari. Nei pazienti ipertesi con basso rischio cardiovascolare e precedenti episodi ipotensivi, è consigliabile un target pressorio più prudente (pressione sistolica 130-140 mmHg), che consente di minimizzare il rischio di recidive sincopali pur assicurando una adeguata protezione sul piano cardiovascolare.
Anche nel paziente anziano il target pressorio dovrà essere più elevato e dovrà tenere conto del livello funzionale e di fragilità. È noto infatti che il rischio di ipotensione, sincope e cadute è maggiore in età avanzata, soprattutto in presenza di decadimento cognitivo e disabilità fisica. Inoltre, negli anziani, sincope e cadute hanno un impatto maggiore in termini di disabilità e sopravvivenza, mentre sembra ridursi il peso prognostico dell’ipertensione arteriosa.(5) Pertanto, nell’anziano il rischio di eventi avversi ipotensione-correlati tende a prevalere sul rischio cardiovascolare, soprattutto nei pazienti fragili, e il livello di minimo rischio cardiovascolare/ipotensivo corrisponde a valori pressori più elevati rispetto ai target dell’adulto. Nei pazienti più fragili o con grave disabilità è possibile tollerare anche valori di pressione sistolica fino a 160 mmHg, poiché il rischio di ipotensione e cadute è estremamente elevato, mentre i benefici del trattamento antipertensivo rimangono dubbi.
In aggiunta a target pressori personalizzati, il trattamento del paziente iperteso con fenotipo ipotensivo dovrebbe prevedere anche una revisione della terapia anti-ipertensiva, finalizzata a privilegiare l’utilizzo di farmaci a minor rischio di eventi avversi ipotensivi (per es. ACE-inibitori e sartani), limitando invece l’utilizzo di antipertensivi che si associano ad un maggior rischio di ipotensione (in particolare ortostatica) e cadute. Questi ultimi includono per esempio i farmaci che causano deplezione di volume (per es. diuretici) o vasodilatazione (per es. αlitici) e i farmaci che interferiscono con la risposta pressoria ortostatica (per es. βbloccanti). Al fine di ridurre il rischio di episodi ipotensivi diurni, è possibile anche considerare la somministrazione serale dei farmaci antipertensivi, utile in particolare nei pazienti con dipping non conservato o invertito per favorire il ripristino del ritmo circadiano e contrastare la natriuresi pressoria e l’ipotensione ortostatica mattutina. Infine, è opportuno ricordare che anche alcuni farmaci psicoattivi possono indurre effetti emodinamici e aumentare il rischio ipotensivo. Tra questi rientrano farmaci di comune utilizzo nel paziente anziano, come il trazodone e gli antipsicotici, che presentano un effetto αlitico che predispone all’insorgenza di ipotensione ortostatica.
In conclusione, l’iter diagnostico-terapeutico del paziente iperteso con sincope si basa due elementi fondamentali, ovvero l’identificazione del meccanismo della sincope e dell’eventuale fenotipo ipotensivo e l’inquadramento del profilo di rischio cardiovascolare e ipotensivo, necessario per guidare la scelta del target pressorio e la revisione della terapia farmacologica.
Bibliografia
- Brignole M, Rivasi G. New insights in diagnostics and therapies in syncope: a novel approach to non-cardiac syncope. Heart. 2021;heartjnl-2020-318261.
- Brignole M, Moya A, De Lange FJ, Deharo JC, Elliott PM, Fanciulli A, et al. 2018 ESC Guidelines for the diagnosis and management of syncope. Eur Heart J. 2018;39(21):1883–948.
- Brignole M, Rivasi G, Sutton R, Kenny RA, Morillo CA, Sheldon R, et al. Low-blood pressure phenotype underpins the tendency to reflex syncope. J Hypertens. 2021 Jul;39(7):1319–25. Available from: https://journals.lww.com/10.1097/HJH.0000000000002800
- Rivasi G, Brignole M, Rafanelli M, Bilo G, Pengo MF, Ungar A, et al. Blood pressure management in hypertensive patients with syncope: how to balance hypotensive and cardiovascular risk. J Hypertens. 2020;38(12):2356–62.
- Rivasi G, Tortù V, D’Andria MF, Turrin G, Ceolin L, Rafanelli M, et al. Hypertension management in frail older adults: a gap in evidence. J Hypertens. 2021 Mar;39(3):400–7. Available from: https://journals.lww.com/10.1097/HJH.0000000000002685