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A cura di Costantino Mancusi, Dipartimento di Scienze Biomediche Avanzate, Università Federico II di Napoli

Nella gestione del paziente con malattia renale cronica il controllo dei livelli di pressione arteriosa è di fondamentale importanza. Le linee guida internazionali della Kidney Disease: Improving Global Outcomes Organization raccomandano valori di pressione sistolica molto stringenti, pari a 120 mmHg. Nei pazienti con malattia renale in stadio avanzato sono spesso necessari più farmaci per raggiungere tale obiettivo. Evidenze cliniche supportano fortemente l’uso di inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) o bloccanti dei recettori dell’angiotensina, in particolare quando è presente proteinuria. La scelta di un farmaco di seconda o terza linea è più difficile, in gran parte a causa della mancanza di evidenze cliniche rilevanti.

La classe dei diuretici tiazidici e simil-tiazidici ha dimostrato di ridurre il rischio di ictus, insufficienza cardiaca e altri eventi cardiovascolari negli studi che hanno coinvolto pazienti con ipertensione essenziale. Nei pazienti con malattia renale cronica c’è comunque riluttanza all’utilizzo di questa classe di farmaci.

A rimettere in gioco il potenziale utilizzo del clortalidone in questo setting di pazienti ci ha pensato lo studio CLICK, recentemente pubblicato su New England Journal of Medicine. Lo studio in doppio cieco, ha randomizzato 160 pazienti con malattia renale cronica in stadio 4 (eGFR 23,2±4,2 ml/min/1,73 m2), a ricevere clortalidone o placebo. I pazienti, per il 76% diabetici, sono stati seguiti un periodo di 14 settimane. I pazienti stavano già ricevendo una media di 3,4±1,4 agenti antipertensivi, che, in tutti i pazienti tranne due, includevano un ACE-inibitore o un bloccante del recettore dell’angiotensina. Il protocollo ha consentito un aumento della dose del farmaco di prova ogni 4 settimane, da una dose iniziale di 12,5 mg al giorno a una dose massima di 50 mg al giorno. L’esito primario dello studio era la variazione di pressione arteriosa sistolica ambulatoriale nelle 24 ore dal basale alle 12 settimane. I risultati hanno mostrato riduzioni di -11,0 mmHg nel gruppo clortalidone e di -0,5 mmHg nel gruppo placebo, con una differenza tra i gruppi di -10,5 mm Hg statisticamente significativa.

Questi risultati confermano l’efficacia del clortalidone come agente antipertensivo nei pazienti con malattia renale cronica di stadio 4.

Lo studio CLICK era troppo piccolo e troppo breve per informarci se questa sostanziale riduzione della pressione sanguigna si traduce in benefici sul sistema cardiovascolare e renale. Segnali incoraggianti in questo senso hanno dimostrato un minore aumento del rapporto albumina urinaria/creatinina nelle 12 settimane nel gruppo clortalidone rispetto al gruppo placebo, il che potrebbe indicare un effetto nefroprotettivo del clortalidone. Tra gli effetti favorevoli si è anche dimostrata una significativa riduzione di peso nei pazienti in trattamento con clortalidone. Il profilo di farmaco sicurezza è stato comunque un punto nodale dello studio. Per quanto riguarda eventi avversi (aumento dei livelli di creatinina sierica, ipokaliemia, ipomagnesiemia, iponatriemia, iperglicemia, vertigini e iperuricemia) questi erano sicuramente più frequenti nel gruppo clortalidone. Si è inoltre verificata una maggiore riduzione della velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR) a 12 settimane con clortalidone rispetto al placebo, ma era rassicurante che questo effetto fosse invertito con l’interruzione del farmaco di prova. Questo calo acuto reversibile dell’eGFR, insieme alla riduzione dell’albuminuria, suggerisce che il clortalidone potrebbe ridurre la pressione intraglomerulare allo stesso modo di altre classi di farmaci con comprovate azioni nefroprotettive. È da segnalare un aumento significativo dei livelli di creatinina in coloro che assumevano già cronicamente diuretici dell’ansa, ponendo l’attenzione verso l’utilizzo del clortalidone in questo sottogruppo di pazienti.

I risultati dello studio dimostrano che il clortalidone è un efficace agente per abbassare la pressione arteriosa nei pazienti con malattia renale cronica avanzata. Tuttavia, come notato dagli autori, se l’aggiunta di clortalidone a un regime di ACE-inibitori o bloccanti dei recettori dell’angiotensina rallenterà ulteriormente la progressione della malattia renale e ridurrà il rischio cardiovascolare senza importanti problemi di sicurezza dovrebbe essere determinato attraverso la valutazione degli esiti clinici in una prova più ampia di maggiore durata. Se i risultati di tale studio fossero favorevoli, il clortalidone potrebbe rivelarsi una preziosa aggiunta al numero crescente di agenti terapeutici di comprovato beneficio clinico nella gestione della malattia renale cronica.

Letture consigliate

  1. Agarwal R, Sinha AD, Cramer AE, et al. Chlorthalidone for hypertension in advanced chronic kidney disease. N Engl J Med 2021;385:2507-2519.
  2. Sinha AD, Agarwal R. Thiazide diuretics in chronic kidney disease. Curr Hypertens Rep 2015;17:13.
  3. ALLHAT Officers and Coordinators for the ALLHAT Collaborative Research Group. Major outcomes in high-risk hypertensive patients randomized to angiotensin-converting enzyme inhibitor or calcium channel blocker vs diuretic: the Antihypertensive and Lipid-Lowering Treatment to Prevent Heart Attack Trial (ALLHAT). JAMA 2002;288:2981-2997.